sabato 27 ottobre 2012

Quelli del professionale

Quante volte è capitato di dover assistere all'autodenigrazione da parte degli studenti degli istituti professionali!
 
"Profe, non siamo al liceo, noi siamo del professionale!"
"Profe, è inutile, perde tempo, queste cose non le capiremo mai!"
"Profe, non siamo capaci, non riusciamo, profe, lasciamo perdere!!!"
Spesso, l'atteggiamento autodenigratorio è dettato dalla paura di imbattersi in un insuccesso, l'ennesimo della loro storia scolastica, fatta di frasi ascoltate da docenti o presunti tali che li hanno feriti, offesi con quelle che sarebbero dovute essere battute divertenti quali "Non capisci proprio niente!" oppure "Lo sapevo che non avresti capito nulla, la scuola non è proprio per te!".
A volte, invece, l'autodenigrazione è il tentativo di non impegnarsi, di bighellonare piuttosto che approfittare dell'opportunità di imparare che la scuola italiana, seppur malandata, può offrire.
In fondo, che gli studenti giochino al ribasso ci può anche stare.
Ciò che trovo inammissibile e assolutamente censurabile è invece l'atteggiamento di quegli insegnanti, di diverso ordine e grado, che di fronte alle difficoltà degli alunni degli istituti professionali esclamano: "Ma è chiaro che abbiamo difficoltà, sono i peggiori provenienti dalle elementari e dalle medie!"
Spiegatemi una cosa, cari colleghi che così vi esprimete. Peggiori si nasce o si diventa?
Troppo comodo insegnare a chi ha buone capacità e ottima volontà. Ma la sfida, come ci ha insegnato Don Milani, è insegnare a Gianni, non a Pierino del dottore.
"Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. É un ospedale che cura i sani e respinge i malati." (Scuola di Barbiana: "Lettera a una professoressa", Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, I edizione 1967, pg. 20)
(Rielaborazione di un vecchio post pubblicato sulla piattaforma Splinder il ‎3 ‎ottobre ‎2008) 

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