sabato 27 ottobre 2012

Piccola storia ignobile

Era il 1976 quando Guccini pubblicò "Piccola storia ignobile".
 
Il dibattito sulla necessità di legalizzare l'aborto per evitare la piaga degli aborti clandestini che colpiva soprattutto le fasce più deboli della popolazione femminile (minorenni e ceti più poveri, perchè le altre si trasferivano all'estero per "un'appendicectomia") era in pieno svolgimento.
 
Non avevo ancora 15 anni. Sentii parlare per la prima volta di aborto durante un'assemblea studentesca autogestita. E, in quell'occasione, venni a conoscenza di una vicenda.
 
Riguardava una ragazza di buona famiglia, morta qualche mese prima. Mi ricordo che la sua morte, di cui avevo appreso leggendo i manifesti funebri affissi sui muri della città in cui vivevo, mi aveva colpito molto, forse perchè quella ragazza, che non conoscevo, aveva 15 anni, come me. Dal manifesto non si riusciva a capire quali fossero state le cause della sua morte.
 
Cause che divennero chiare durante quell'assemblea autogestita.
 
Era rimasta incinta. Temeva la reazione dei suoi genitori. Per evitare di affrontarli, si era affidata a una "mammana" che le aveva procurato l'aborto. E anche una setticemia, che ne aveva causato la morte.
 
Da quel momento io ho sempre sostenuto la legge 194/78, anche se non ho mai abortito. Ma sono sempre stata dell'idea che uno Stato laico non debba chiudere gli occhi di fronte alla realtà. L'aborto non è stato inventato dalla 194. Quella legge ha cercato di limitare i danni causati dall'ignoranza, dalla cattiva informazione, dall'abitudine a ricorrere a una pratica che è sempre esistita.
 
Francesco Guccini: "Piccola Storia Ignobile" - Da "Via Paolo Fabbri 43" (1976)
Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare, così solita e banale come tante,
 che non merita nemmeno due colonne su un giornale o una musica o parole un po' rimate,
 che non merita nemmeno l' attenzione della gente, quante cose più importanti hanno da fare,
 se tu te la sei voluta, a loro non importa niente,
 te l' avevan detto che finivi male...

Ma se tuo padre sapesse qual' è stata la tua colpa rimarrebbe sopraffatto dal dolore,
 uno che poteva dire "guardo tutti a testa alta", immaginasse appena il disonore,
 lui che quando tu sei nata mise via quella bottiglia per aprirla il giorno del tuo matrimonio,
 ti sognava laureata, era fiero di sua figlia,
 se solo immaginasse la vergogna,
 se solo immaginasse la vergogna,
 se solo immaginasse la vergogna...

E pensare a quel che ha fatto per la tua educazione, buone scuole e poca e giusta compagnia,
 allevata nei valori di famiglia e religione, di ubbidienza, castità e di cortesia,
 dimmi allora quel che hai fatto chi te l' ha mai messo in testa o dimmi dove e quando l'hai imparato
 che non hai mai visto in casa una cosa men che onesta
 e di certe cose non si è mai parlato
 e di certe cose non si è mai parlato
 e di certe cose non si è mai parlato...

E tua madre, che da madre qualche cosa l' ha intuita e sa leggere da madre ogni tuo sguardo:
 devi chiederle perdono, dire che ti sei pentita, che hai capito, che disprezzi quel tuo sbaglio.
 Però come farai a dirle che nessuno ti ha costretta o dirle che provavi anche piacere,
 questo non potrà capirlo, perchè lei, da donna onesta,
 l' ha fatto quasi sempre per dovere,
 l' ha fatto quasi sempre per dovere,
 l' ha fatto quasi sempre per dovere...

E di lui non dire male, sei anche stata fortunata: in questi casi, sai, lo fanno in molti.
 Sì, lo so, quando lo hai detto, come si usa, ti ha lasciata, ma ti ha trovato l' indirizzo e i soldi,
 poi ha ragione, non potevi dimostrare che era suo e poi non sei neanche minorenne
 ed allora questo sbaglio è stato proprio tutto tuo:
 noi non siamo perseguibili per legge,
 noi non siamo perseguibili per legge,
 noi non siamo perseguibili per legge...
E così ti sei trovata come a un tavolo di marmo desiderando quasi di morire,
 presa come un animale macellato stavi urlando, ma quasi l' urlo non sapeva uscire
 e così ti sei trovata fra paure e fra rimorsi davvero sola fra le mani altrui,
 che pensavi nel sentire nella carne tua quei morsi
 di tuo padre, di tua madre e anche di lui,
 di tuo padre, di tua madre e anche di lui,
 di tuo padre, di tua madre e anche di lui?
Ma che piccola storia ignobile sei venuta a raccontarmi, non vedo proprio cosa posso fare.
 Dirti qualche frase usata per provare a consolarti o dirti: "è fatta ormai, non ci pensare".
 E' una cosa che non serve a una canzone di successo, non vale due colonne su un giornale,
 se tu te la sei voluta cosa vuoi mai farci adesso
 e i politici han ben altro a cui pensare
 e i politici han ben altro a cui pensare
 e i politici han ben altro a cui pensare...
 
 
(Rielaborazione di un vecchio post già pubblicato sulla piattaforma Splinder il ‎26 ‎luglio ‎2011)

Nessun commento:

Posta un commento