mercoledì 24 settembre 2014

Lettera agli studenti.

Cari studenti,

chi vi scrive è un ex alunna di questa scuola, che ha preso il diploma due anni fa.
Scrivo per cosa? Per incitarvi, per farvi capire, perché sappiamo tutti che i professori non verranno ascoltati. Loro sono "vecchi", cosa ne sanno dei tempi moderni?
Oh, loro lo sanno eccome, e provano in ogni modo possibile ad avvertirci, ma le loro parole entrano da una parte ed escono dall'altra.
Non insegnano solo materie che a noi sembrano inutili, provano anche a farci capire come è il mondo una volta finita la scuola. Sappiate che non ci sarà un tappeto rosso steso per voi, non ci sarà un lavoro tutto per voi che vi aspetta. Triste e demoralizzante, penserete, ma purtroppo è così per tutti, a meno che non siate fortunati o abbiate qualche conoscenza.
E' importante quindi dedicarsi a questi anni, metterci tutto l'impegno possibile per ottenere qualcosa, non solo per la vita in generale, ma anche per se stessi. Lo dovete a voi stessi.
Io non sono mai stata bravissima in tutte le materie, non ero una "secchiona". Per i primi anni me la sono cavata, studiavo quel che bastava, uscivo coi miei amici e non mi interessavo minimamente alla scuola. Poi, improvvisamente, dentro di me è scattato qualcosa. Forse ascoltando i miei genitori che avrebbero voluto vivere i miei anni ho davvero capito che quello che stavo vivendo era importante, che dovevo concludere qualcosa di concreto per me stessa, per sentirmi realizzata.
Sfido chiunque a non avere una qualche passione, qualcosa che riusciamo a fare davvero bene e che vogliamo essere ancora più bravi a farla. Io credevo di non appassionarmi a nulla, di non avere nessun interesse specifico verso qualcosa. Sapevo di aver qualcosa da raccontare, sapevo che dovevo dire la mia, così d'un tratto trovai quel qualcosa che mi faceva star bene: la scrittura.
Mi sono appassionata, mi sono impegnata, ho iniziato a scrivere tutti i giorni (anche solo poche righe) e a coltivare questo interesse che avevo. Ho trovato così la mia strada, ho trovato così la mia persona. Questo lo devo grazie ai miei professori di italiano, sono loro che con la loro voglia di insegnare e la loro tenacia mi hanno spinta a migliorarmi, ad impegnarmi davvero in qualcosa.
Quello che state vivendo in questo momento poi non ve lo restituirà nessuno, soprattutto non ve lo darà il mondo che vi aspetta fuori. Lo ripeto: non ero una di quelle studentesse che studiava tutti i giorni, non lo sono mai stata. Ho semplicemente capito, grazie agli insegnanti e grazie ad esperienze a me accadute, che la vita è la mia, sono io che prendo le mie decisioni, sono io che scelgo il mio futuro. Tutti ne parlano e sembra che nessuno ci capisca davvero, ci sentiamo soli, a volte abbiamo anche paura a parlare. Non abbiate paura: reagite. Solo in questo modo potrete cavarvela, non stando seduti a lamentarsi perché la scuola è difficile, perché quel professore ce l'ha con te, perché non vedi l'ora di andartene da queste mura.
A me manca stare seduta tra quei banchi, a me manca ascoltare i professori, fare l'intervallo con i miei compagni, tornare a casa e raccontare a mia madre cosa ho fatto durante la mattinata. Mi piacerebbe essere ancora a scuola, perché probabilmente ora la affronterei in modo diverso da come l'ho fatto. Ed è per questo che sto scrivendo questa lettera: abbiate cura di voi stessi, studiate per il vostro futuro, impegnatevi per le vostre passioni e date il 100% per poter raggiungere i vostri obiettivi. Nulla è impossibile, con la giusta dose di tenacia e coraggio, tutti possono realizzare il proprio sogno. Non dovete farlo per i professori, non dovete farlo per i genitori, ma solo per voi stessi. Un giorno non dovrete svegliarvi con dei rimpianti. Siete giovani, siamo giovani, il mondo è nelle nostre mani e solo noi possiamo davvero cambiarlo. Abbiate la forza di reagire, di combattere per i vostri obiettivi. Ve lo sto dicendo per voi, perché io finalmente ho capito cosa voglio nella mia vita ed ora le mie scelte vertono su questa decisione. Non è troppo tardi per capire cosa si vuole. Vuoi diventare una scrittrice? Leggi molto, inizia a scrivere i tuoi pensieri e a farli leggere a qualcuno, saprà dirti dove sbagli e consigliarti per scrivere meglio.
Vuoi fare l'insegnante? Studia e impara tutto quello che puoi, per poter essere un giorno l'ispirazione di qualcuno.
Vuoi fare il calciatore? Vuoi fare l'automobilista? Vuoi fare il critico? Vuoi fare il pittore?
Impegnati, dedicati a questa passione, prendi le tue decisioni in base a quello che tu vuoi essere. Ce la puoi fare, stringi i denti e va avanti. Tutto questo serve a te.
E' il miglior consiglio che posso dare ad uno studente. Tutto ora ti sembra inutile, la matematica, l'economia, l'inglese... Un giorno, però, capirai che non lo è, che tutto questo serve per costruire qualcosa di stabile. Mettiti in gioco e non aver paura, anche se la vita lì  fuori è terribile non devi farti scoraggiare, perché se davvero vuoi una cosa allora devi fare tutto ciò che è in tuo possesso per ottenerla.
Mi raccomando, pensate a voi stessi, anche se è dura svegliarsi la mattina presto e prendere il pullman, anche se siete in ansia per la verifica o l'interrogazione. Queste cose, poi, vi mancheranno terribilmente. Non dovrete un giorno guardarvi indietro ed avere dei rimpianti. Io so che ce la potete fare, anche se non vi conosco personalmente.

In bocca al lupo.

venerdì 19 settembre 2014

Lentamente muore

"Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni

giorno gli stessi percorsi,

chi non cambia la marcia,

chi non rischia e cambia colore dei vestiti,

chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,

chi preferisce il nero su bianco

e i puntini sulle “i” piuttosto che un insieme di emozioni,

proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che

fanno di uno sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore

davanti all’errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,

chi è infelice sul lavoro,

chi non rischia la certezza per l’incertezza per inseguire un sogno,

chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai

consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia,

chi non legge,

chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l’amor proprio, chi non si lascia

aiutare; chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o

della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,

chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non

risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere

vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto

di respirare.

Soltanto l’ardente pazienza porterà al raggiungimento di una

splendida felicità."


" [...] Lentamente muore chi non capovolge il tavolo [...]"
Ricordo che qualche anno fa alcuni dei miei alunni erano rimasti particolarmente colpiti da questo verso tratto da "Lentamente muore". Avevamo imbastito in proposito una lunga discussione.
L'intera poesia era piaciuta molto. Una poesia attribuita, sul loro manuale scolastico, a Pablo Neruda.
Quando, successivamente, ho comunicato agli studenti che il testo della poesia non è stato scritto da Pablo Neruda ma da Martha Medeiros, " E' comunque bella!" hanno commentato alcuni mentre altri hanno sottolineato che:
a) anche i libri di testo possono contenere degli errori;
b) tutte le conoscenze possono essere messe in discussione;
c) "Lentamente muore [...] chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" / piuttosto che un insieme di emozioni [...]".
In queste situazioni gli studenti sono straordinari...

domenica 14 settembre 2014

Vinti e persi.

[...] "Oggi il mio pensiero va a tutti i 'vinti', a quelli che non ce l'hanno fatta, a quelli che stanno ancora cercando un buon motivo per andare avanti; questo mestiere ci fa incontrare tante giovani vite, nell'età più difficile; accompagnarle nel periodo in cui ci sono affidate è un grande privilegio e un grande impegno, riuscire a cogliere i loro segnali, le loro richieste di aiuto spesso non è facile ma provarci si può." [...]
Un vecchio post di Pandora20 mi ha riempito di malinconia e ha fatto pensare anche a me a "tutti i vinti", quelli che non ci sono più e quelli che stanno ancora fuggendo perdendosi nei mondi ovattati (o presunti tali) dell'alcol e delle droghe... Gli sguardi persi, vuoti, spenti, la paura che diventa aggressività verso gli altri e verso sè stessi, le belle menti (perchè, ammettiamolo, spesso sono le anime più nobili e più sensibili che finiscono per perdersi) che improvvisamente bruciano la loro creatività, la loro nobiltà, la loro intelligenza e non sono più loro, sono altri che, improvvisamente, ci ritroviamo davanti e non riconosciamo più.
Quanti ne ho incontrati, quanti ne incontrerò, provando ogni volta la stessa sensazione di impotenza, di incapacità di farmi ascoltare, di urlare "Ribellati! Usa la tua mente e vivi le sensazioni che ti attraversano la mente senza mediarle. Affronta le tue paure e condividile con chi ti è vicino e ti vuole bene, perchè c'è chi ti è vicino e ti vuole bene, anche se tu non te ne accorgi...".

‎(Rielaborazione di un vecchio post già pubblicato il ‎21 ‎novembre ‎2007 sulla piattaforma Splinder)

martedì 9 settembre 2014

"Vieni a vedere dove nasce il futuro"

"La scuola può svolgere appieno il suo compito se si presenta come una comunità accogliente
ed esperta, fondata su un patto educativo; una comunità che aiuta i giovani all'esercizio della cittadinanza attiva e responsabile, all'esperienza del metodo democratico, al rispetto della legalità, al valore della gratuità e del dono nelle relazioni personali, all'importanza del bene comune.
Però questi riferimenti etici non diventano prassi coerente se nella scuola manca un'anima, una comune ispirazione, una prospettiva, una passione che coinvolge allievi e docenti nel gusto della scoperta, della ricerca, nella costruzione del sapere, nella soddisfazione di creare qualcosa di nuovo, di proprio, di distintivo; qualcosa che dia significato alla propria storia, alle proprie scelte, ad un progetto di una società più giusta e solidale.
Se Martin Luther King disse "I have a dream" e non, invece, "Ho un piano quinquennale", evidentemente un motivo c'è: gli uomini hanno bisogno di condividere un sogno per dare il meglio di se stessi, devono poter immaginare in modo discontinuo ciò che potrebbe realizzarsi.
Oggi, in un mondo sempre più complesso e in continua trasformazione, l'immaginazione è il valore aggiunto per quanti vogliono creare qualcosa di nuovo sul piano culturale, formativo ed economico.
Per gli uomini e per le organizzazioni, il futuro appartiene a chi sa immaginarlo”
Tratto da “ISTITUTO PROFESSIONALE - LINEE GUIDA PER IL PASSAGGIO AL NUOVO ORDINAMENTO - Secondo biennio e quinto anno” (D.P.R. 15 marzo 2010, n.87, articolo 8, comma 6)
 

lunedì 1 settembre 2014

Buon anno!

Per chi lavora nella scuola, il vero Capodanno cade il 1° settembre: ci si incontra ed è un continuo augurarsi "Buon anno!" come tutte le altre persone usano fare il 1° gennaio e nei giorni immediatamente successivi. Viviamo scandendo il tempo usando gli anni scolastici e non gli anni solari. Rievochiamo eventi dicendo: "Mi ricordo, è accaduto nell'anno scolastico 1995/96, era giugno (o gennaio, forse) sicuramente era il periodo degli scrutini...".
Chi non lavora nella scuola ignora anche che per molti di noi insegnanti non esiste un vero periodo di vacanza. Non stacchiamo mai: terminato l'orario di lavoro (che non sono, e tengo a sottolinearlo, le sole 18 ore settimanali di lezione e le ore collegiali, caratterizzate da riunioni varie) torniamo a casa e non solo prepariamo le lezioni o correggiamo i compiti degli studenti, ma continuiamo a pensare a come potremmo catturare la loro curiosità proponendo un argomento piuttosto che un altro, la visione di un film, di un documentario o una visita in una particolare località. Durante le vacanze estive (che non durano, e sfatiamo un altro mito, tre mesi!), se ci capita di visitare un museo, un castello, una città, pensiamo subito "Questo potrei proporlo ai miei studenti di quinta (o di quarta, etc.)".
Il nostro mestiere ci prende a tal punto che tutta la nostra vita ne è completamente caratterizzata.
Certo, non per tutti gli insegnanti è così, ma per molti dei colleghi che ho avuto la fortuna di incontrare è proprio così.
(Rielaborazione di un vecchio post già pubblicato sulla piattaforma Splinder)