martedì 29 aprile 2014

Ignoranza e/o razzismo (vecchio post)

E' turbata. E ne ha ben donde. Le hanno appena detto che il velo che indossa crea qualche problema per l'inserimento in azienda previsto durante il periodo di stage.
"E' un paese di ignoranti e razzisti, questo!" si sfoga. E poi subito aggiunge: "Non tutti, profe, non tutti!" mentre i suoi compagni le esprimono contemporaneamente solidarietà ed indignazione.
Ne parliamo in classe. A scuola, nella nostra scuola, non esistono distinzioni. E a lei, dice, non era mai capitato di sentirsi così umiliata, così fuori posto.
Le dico che a scuola sono banditi il razzismo e l'ignoranza che lo genera, ma in giro, purtroppo, esistono ancora, non da parte di tutti, come lei ha correttamente sottolineato, atteggiamenti di razzismo, più o meno acclamati, che non sono altro che il frutto del pregiudizio e della non conoscenza. L'ignoranza, appunto.
(Rielaborazione di un post già pubblicato su altra piattaforma il 19 febbraio 2010)

Parliamo?


Adorano parlare, i miei studenti.
E non lo fanno, come affermano i colleghi più maligni, per perdere tempo ed evitare di far lezione o un'interrogazione.
Sono pieni di dubbi e vogliono capire: il senso della vita, dell'amicizia, dell'amore...
"Perché?" chiedono spesso, sperando che io possa dar loro la risposta giusta.
E io, di fronte alle loro domande che io stessa mi pongo e che da sempre l'essere umano si pone, non posso fare altro che ascoltare e lasciarli parlare. Confrontandosi, parlando, hanno l'occasione di scoprire che l'ansia, l'angoscia, i dubbi che ciascuno di loro prova sono gli stessi che ciascuno di noi ha provato e prova.
Ecco perché parlarne ci fa bene.
(Già pubblicato con altro account su altro blog e su altra piattaforma il 16 marzo 2009)

domenica 27 aprile 2014

Colloqui di lavoro: vecchi appunti di un selezionatore


Negli anni in cui mi sono occupata di attività di orientamento in uscita, mi è capitato spesso di assistere alle iniziative svolte da operatori esterni rivolte agli alunni delle classi quarte e quinte degli istituti superiori.
Ma chi effettua i colloqui di selezione, al di là di quello che viene pubblicamente dichiarato, cosa si aspetta dai candidati? L'ho spesso chiesto ai miei conoscenti che operano in ambiti lavorativi diversi da quello scolastico. In particolare, alcuni anni fa uno di loro mi fornì le sue considerazioni nel testo che pubblico di seguito e che credo siano attualmente valide.
"E’ la mattina di un caldo mercoledì di luglio ed insieme alla mia collega, che si occupa di selezione del personale, ci avviamo nella sala riunioni dove da lì a poco inizieremo una serie di colloqui assunzionali con neolaureati in materie tecnico/scientifiche.
I colloqui si susseguono e di fronte a me vedo passare persone di vario tipo ognuna delle quali ha un comportamento diverso durante la chiacchierata; chi ti guarda dritto in faccia comunicandoti di essere la persona giusta, chi muove nervosamente le mani pensando se riuscirà a rispondere alla prossima domanda, chi tormenta i fogli che ha davanti nella speranza che il colloquio finisca il prima possibile e così via.
Alla fine della giornata sono sfinito e mentre in macchina ritorno a casa ripenso a quali sensazioni ho provato durante tutti i colloqui e cerco di riordinare le idee che man mano mi si sono accumulate in mente.
Provo a sintetizzare per concetti chiave:
Lauree triennali: la laurea triennale viene conseguita ad una età oscillante tra i 21 ed i 22 anni, quindi ci si trova dinnanzi a delle persone con una esperienza minimamente accresciuta rispetto ad un diplomato, ma con le aspettative di un laureato visto che gli si inculca il concetto che loro si sono “laureati”.
Frammentazione degli esami: nel riformare il sistema universitario si è pensato di suddividere i corsi di durata annuale (ad esempio analisi matematica 1, fisica, etc.) in una serie di sottocorsi di durata mensile o bimestrale e coincidenti con singoli argomenti del vecchio corso. Ciò che verifico, come risultato di tale nuova modalità di studio, è che le persone non sono più abituate ad affrontare un problema grande (ad esempio esame complesso), ma sperano sempre di avere di fronte dei singoli sottoproblemi da affrontare singolarmente."

Colleghe


In principio si guardavano con diffidenza. Apparentemente diverse l'una dall'altra, sembrava non avessero alcunché in comune.
Poi furono assegnate allo stesso consiglio di classe, formato prevalentemente da colleghi maschi. C'erano momenti in cui, durante le riunioni, si respirava un clima da caserma. Battutacce volgari, spesso maschiliste, con cui venivano educati anche gli studenti, tutti rigorosamente appartenenti al "sesso forte".
Ma loro non si facevano certo intimidire, tutt'altro. Cominciarono a scoprirsi così e iniziarono a lavorare insieme, prima sporadicamente poi sempre più sistematicamente. Scoprirono di essere molto più simili di quanto non avessero creduto l'una dell'altra: avevano in comune l'amore per questo meraviglioso mestiere.
"I care" scrivevano entrambe alla lavagna, anche se solo una di loro insegnava inglese.
Entrambe sognavano i loro studenti ("C'è chi insegna [...] sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.").

Fu questo che le avvicinò.
Ma l'amicizia nacque quando insieme affrontarono l'esperienza del dolore, e fu quello che le unì per sempre. Anche perdendosi di vista, sapevano che la sofferenza e l'angoscia provata di fronte alla morte e alla constatazione di un fallimento educativo le avevano unite per sempre.

venerdì 25 aprile 2014

25 Aprile

« Partigiano!
 Ti ho visto appeso
immobile.
Solo i capelli si muovevano
leggermente sulla tua fronte.
Era l'aria della sera
che sottilmente strisciava
nel silenzio
e ti accarezzava,
come avrei voluto fare io. »
(Giacomo Manzù, 5, dedica incisa nel "Monumento al partigiano" - Bergamo)


sabato 5 aprile 2014

A grande richiesta torna "Lo striscione"



 

Per me e per chi c'era, questo è "lo striscione", quello che apparve, un po' di anni fa, appeso al cancello della scuola in cui insegnavo.
Mi ero avvicinata con curiosità per leggerlo perché pensavo che volesse celebrare la recente vittoria in Champions League del Milan. Invece...
Era giorno di mercato, molti passavano e lo leggevano divertiti. Un collega, rivolto a uno degli astanti, disse:
"Purtroppo è un nostro studente. Perdonateci!"
Da allora è diventato un oggetto di culto, e molti di noi conservano gelosamente la foto o il file di questa foto, perché, inutile dirlo, lo striscione venne immortalato in foto come questa.
 
(Rielaborazione di un vecchio post già pubblicato sulla piattaforma Splinder il 26 giugno 2010 da Critolao)