giovedì 25 aprile 2013

"E come potevamo noi cantare"


Salvatore Quasimodo

ALLE FRONDE DEI SALICI

E come potevano noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
tra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.



sabato 20 aprile 2013

Le risposte della poesia


Alla mia nazione (XV)


Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.


[Pier Paolo Pasolini: “La religione del mio tempo”, “Nuovi epigrammi” (1958-59)]

giovedì 11 aprile 2013

20 anni

Un conto è immaginare, sognare, ricordare i vent'anni.
Un conto è viverli.
Paure, ansie, dubbi, desideri, timori e aspirazioni accompagnano questa età che nell'immaginario collettivo, in piena maturità e in vecchiaia, viene ricordata con nostalgia e, a volte, con rimpianto.
Non è sempre così, naturalmente.
C'è chi ai vent'anni anni associa ricordi dolorosi, familiari, personali o legati a momenti storici e sociali particolarmente critici: guerre, gravi crisi economiche, tensioni nazionali e internazionali drammatiche.
Allude a questo, probabilmente, anche Paul Nizan, quando scrive "Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita".
E' una sfida, in fondo, avere vent'anni, in qualunque contesto storico si viva, poiché occorre fare i conti con le aspettative che tale età comporta. Lo era negli anni Trenta del Novecento per quei giovani che non si riconoscevano nei miti della forza, della violenza e della brutalità che accompagnavano l'affermazione al potere di governi totalitari di destra e di sinistra.
Lo è oggi per coloro che non si riconoscono nelle aspirazioni di chi ritiene che apparire sia più importante che essere, rincorrendo futilità e cercando l'incontro giusto, quello che cambia l'esistenza e che garantirà protezione e sostegno in una società com'è l'attuale società italiana in cui anche ottenere e mantenere anche un semplice posto di lavoro appare non un diritto ma un privilegio.
Eppure, nonostante tutto, c'è ancora chi continua a lottare, a sognare, a credere che il mondo saprà apprezzare, col tempo, solo le virtù e i valori migliori, la pace, la giustizia, il talento, rispettando le diverse individualità e le potenzialità di ciascuno.
Ora più che mai c'è bisogno di credere, con la forza e la speranza che da sempre caratterizzano le giovani generazioni, che il futuro potrà essere migliore.
 


sabato 16 marzo 2013

Verso la felicità

"Sono trascorsi dieci anni.
L'orologio lontano, batte le otto, piove.
I rintocchi si perdono nella notte.
Sono rientrato da poco nella mia casa.
La pace tranquilla è rotta da un acciottolio tintinnante che viene dalla cucina.
Sento dalla camera dei bimbi i miei due frugoletti che si ripetono i versi di una poesia del Pascoli.
Sono realmente felice.
Mi alzo dalla comoda poltrona, vado allo scaffale dei miei libri.
Cerco a caso.
Le mie dita quasi involontariamente vanno a carezzare il dorso consumato sul quale quasi più non si legge, ma si intuisce un titolo... VERSO LA FELICITA'.
Mi viene un lieve sorriso alle labbra.
Quanti ricordi in questi lunghi e brevi anni che mi separano da quel grande giorno.
 
... contavo le ore sin dalla sera, la bicchierata con gli amici che volevano dare l'addio alla mia parentesi di scapolo, le poche ore di sonno, la cerimonia, il viaggio di nozze.
E via così, un giorno dopo l'altro, non tutti rosei, non tutti lieti, ma tutti con una impronta inconfondibile, quella di una volontà senza pari di realizzare il sogno di avere una famiglia alla quale dedicare tutto me stesso.
Poi il primo bambino, forse la gioia più grande.
Quante notti insonni, ad ascoltare nel buio il respirare lieve che diviene nella mente sempre più forte fino a rimbombare violento, incontenibile, perché è un soffio che va al cuore, lo afferra, facendolo battere del ritmo velocissimo della felicità.
Poi il secondo bambino.
I primi giorni di scuola.
Tutta una vita, anche se solo dieci anni sono trascorsi!
Caro libro, senza pretese, che ci hai accompagnato, discreto, senza velleità di costure eleganti e vistose!
Mentre sono così assorto, non mi sono accorto che lieve senza rumore mia moglie è alle mie spalle.
Sento che il suo braccio mi passa sulla spalla.
La sento alzarsi sulle punte dei piedi per vedere, anche lei, l'oggetto della mia curiosità.
Mi prende il libro dalle mani, lo sfoglia e mi indica una pagina:
... ricordi quando volli farti la sorpresa del primo dolce confezionato da me?...
Sorrido al ricordo.
 
... La calma si rompe di un tratto... i miei piccoli vispi bambini, sono piombati su di noi...
 
Mamma fa il dolce...
Brava mamma...
Via senza perdere tempo...
La trascinano in cucina...
Accarezzo la costura gualcita del primo regalo di nozze, ricevuto in quel giorno lontano, lo riposo con cura tra i libri più costosi, ma meno cari.
 
... VERSO LA FELICITA'... un piccolo libro che ha tutta una sua storia: la storia di tante coppie felici che in un lontano giorno trovarono tra la corrispondenza d'augurio un modesto ma perenne dono di nozze.
                                                                                         
                                                                                         A. FIERLI"
 
(Tratto da "Verso la felicità", Edizioni FER. PA, Pescara, finito di stampare il 28 Novembre 1959, pgg. 137 - 139)
 
Eccola qui la famiglia perfetta degli anni '50 - '60 in Italia, come emerge dalle pagine di questo libro regalato a mia madre in occasione del suo matrimonio (1960).
E' una famiglia perfetta per un uomo davvero felice, sereno, tranquillo. Coccolato come un pascià in una casa retta da una moglie che solo per caso viene indicata (dopo 27 righe) come tale. Inizialmente la signora moglie viene evocata con l'espressione "acciottolio tintinnante che viene dalla cucina". Del resto la moglie è o non è la regina della casa?
Appare una sorta di serva questa donna piccola che si alza "sulle punte dei piedi" per vedere ciò che il marito sta osservando. Immediatamente dopo viene trascinata in cucina dai figli, senza perdere tempo, a fare una torta.
Non so se mi intristisce o mi infuria questa idea di una felicità venduta alla coppia che è però solo del marito.
Pensare che la famiglia possa costruirsi sul sacrificio richiesto alla donna è disumano, per tutte le donne, per tutti gli uomini.
Ne prendano atto tutti gli uomini, tutte le donne.
Uscendo dalle cucine, dalla fine degli anni '60, le donne hanno rivendicato il proprio diritto ad essere considerate persone pensanti, con un cuore ed emozioni che non si appagano solo e soltanto rendendo felice un uomo, realizzando il suo sogno di avere una famiglia di cui egli è il sovrano assoluto.
 
 

venerdì 8 marzo 2013

Oltre le mimose...

... ci sono le violenze quotidiane spinte, in alcuni casi, fino all'omicidio; ci sono gli stereotipi e i pregiudizi che dividono le donne in buone e cattive mogli, madri; ci sono le fatiche di uscire da una mentalità gretta e meschina, ancora più arretrata rispetto a quella di oltre trenta anni fa.
Non festa, dunque, ma giornata, l'8 marzo, per riflettere contando gli anni che ancora separano da una vera parità.
Niente mimose, niente festa, niente auguri.

domenica 24 febbraio 2013

La prima volta

Ricordo perfettamente la prima volta che ho votato. Era l'8 giugno del 1980 e si votava per le elezioni regionali.
Mi recai al seggio senza aspettare che venissero anche i miei, abituati a votare solitamente nel tardo pomeriggio o in tarda serata, la domenica, poco prima della chiusura del seggio.
Non potevo aspettare: era tanta l'ansia e la responsabilità di esercitare la mia sovranità garantitami dalla Costituzione Italiana e finalmente potevo farlo.
Alle 9.00 del mattino avevo già votato.
Nel primo pomeriggio, ricordo ancora, mi recai presso il seggio elettorale dove il ragazzo con cui avevo all'epoca una relazione era stato assegnato come scrutatore. Tra le 14.00 e le 16.30, lì, nessuno degli elettori si presentò. Solo intorno alle 16.30 qualcuno cominciò a farsi vivo per usufruire del suo diritto di cittadino.
Ieri, parlando con una delle mie alunne, con piacere ho colto la stessa ansia di partecipazione che io, da sempre, ho e rivendico.
Troppo comodo lamentarsi e poi rifiutare di scegliere, anche sbagliando o anche, paradossalmente, turandosi il naso, come Montanelli, nel '76, aveva consigliato di fare.
Ce l'ha insegnato Gaber: "La libertà è partecipazione".

mercoledì 13 febbraio 2013

"Se tutti gli sfigati... gli sfigati del mondo..."


"Profe," mi dice ad un tratto uno studente "io sono uno "sfigato!".
Sollevo lo sguardo dalle mie carte e lo guardo negli occhi. E' seduto al primo banco, il suo banco fin dal primo giorno di scuola. E' uno studente di prima, attento, volenteroso, partecipe. Almeno con noi docenti.
Non mi sembra però che abbia legato molto con i compagni.
Durante la ricreazione resta spesso in classe con l'insegnante, non esce dall'aula, come fa invece la maggior parte dei suoi compagni.
E' stato proprio durante l'intervallo che, mentre eravamo rimasti in aula da soli, mi ha detto così: "Profe, sono uno sfigato!"
Gli ho chiesto perchè ritenesse di esserlo.
Ha cominciato a spiegarmi che sono i suoi compagni a definirlo così: lui continua a fare la vita di sempre, quella che conduceva alle scuole medie.
Studia, fa i compiti, esce con i suoi amici d'infanzia. Non fuma, non beve il sabato sera, non prende pasticche o cocaina, non va in discoteca.
"Capisce, profe? Sono proprio uno sfigato!".
L'insegnante di italiano che è in me vorrebbe dirgli di adoperare un registro linguistico più formale. Ma non è una situazione formale, questa.
E' il grido di aiuto di chi, mentre sta crescendo, si trova a non accontentarsi più di essere accettato dagli adulti. Ha bisogno dell'accettazione del gruppo dei pari. Di cui, tuttavia, non condivide i valori.
"Sai," gli dico "anch'io sono stata una "sfigata", anche se all'epoca non ci definivano così".
Gli dico che ne conosco e ne ho conosciuti tantissimi di sfigati come lui, che spesso preferiscono nascondersi o adeguarsi a modelli che non condividono. Ma forse sarebbe meglio che tutti gli "sfigati" del mondo si unissero e si opponessero al conformismo di chi definisce gli altri "sfigati" per non ammettere la propria fragilità, la propria debolezza, il proprio senso di inadeguatezza.
(Rielaborazione di un vecchio post pubblicato sul blog "La panchina in cima al monte" - piattaforma Splinder - il 14 novembre 2008)

mercoledì 30 gennaio 2013

Moderazione

Si può far tutto. Con moderazione. Altro che il "Vado al massimo" di trent'anni fa!
La frequentazione della rete, ma anche la vita quotidiana mi hanno insegnato che non si vive solo di utopie, belle idee liberali o libertarie, disponibilità e apertura a tutti. Purtroppo occorre guardarsi alle spalle. E non solo.
Così, nella fattispecie, per quanto mi dispiaccia, i commenti a questo blog saranno moderati.
Detesto la censura, ma ci sono momenti in cui, quando si è in presenza di chi vuole approfittare della disponibilità altrui, occorre utilizzarla.
Purtroppo è così. E ogni volta quasi mi sorprende doverne prendere atto.

venerdì 25 gennaio 2013

Sfide

Nel deserto emotivo che caratterizza il tempo in cui viviamo, una delle sfide che la scuola è chiamata ad affrontare è quella di educare tutti, giovani e meno giovani, a cogliere il valore evocativo di ogni espressione artistica, anche la più elevata.
 
 
 
"QUARTETTO PER LA FINE DEL TEMPO DI OLIVIER MESSIAEN
Ore 9,30, teatro Donizetti, piazza Cavour, dopo il saluto dell'assessore alla Cultura e Spettacolo Claudia Sartirani, introduzione dell'attrice Lucilla Giagnoni, a seguire «Quartetto per la fine del tempo», di Olivier Messiaen, con Elia Leon Mariani (Violino), Andrea Favalessa (violoncello), Stefano Cardo (clarinetto) e Pietro Cavadon (pianoforte), voce narrante Lucilla Giagnoni."
 
 



 

domenica 6 gennaio 2013

Buoni maestri

"E te lo porti dentro
quel vecchio professore
che ti ha rubato tempo
con la sua mediocrità"
(Ligabue: "Vivo morto o X", tratto da "Buon Compleanno Elvis", WEA, 1995).
Quanti cattivi docenti abbiamo incontrato sul nostro percorso! Ma forse ne abbiamo incontrati altrettanti bravi, capaci, appassionati, quelli che non fanno notizia, quelli che non finiscono solitamente sulle prime pagine dei giornali ma che ci segnano positivamente, quelli che non dimenticheremo mai.
Penso alla mia insegnante di lettere della prima media, alla mia insegnante di lettere del ginnasio, a quella di italiano e quella di storia e filosofia del liceo. Eccezionali! Una buona parte di quella che sono attualmente è merito loro. Sono cresciuta, mi sono formata grazie a loro. E non c'entra niente il fatto che fossero più o meno disponibili con i loro studenti (non lo erano affatto!). Erano un modello. Erano coerenti, pur nel loro diverso modo di essere e di insegnare.
Ho incontrato e incontro ancora oggi tanti insegnanti capaci. Penso a coloro che fanno parte di questa redazione, a quelli cui ho segnalato questo blog, a quelli con cui ho avuto la fortuna di collaborare nel corso degli anni. Buoni maestri, caparbi, determinati, appassionati, nonostante le difficoltà che quotidianamente si incontrano nella scuola.
(Già pubblicato sulla piattaforma Splinder il 15 luglio 2008 e il 1° ottobre 2008)